Ho appena finito di scrivere un racconto, importante per me.
Mi sento un po' svuotato.
A volte mi capita dopo aver visto qualcosa, un film, un telefilm, o ascoltato una canzone.
Per esempio ho scritto il prequel di Killer perchè avevo ascoltato un pezzo jazz. Ascoltavo distrattamente da giorni un disco quando mi ha colpito e mi ha impresso la scena nella retina. Non è un racconto importante quello, ma a me capita così. Mi sembra di essere un TRASCRITTORE più di uno scrittore.
Stasera ho visto l'ultimo episodio di Dr house andato in onda negli States. In cui muore suo padre. Non è solo questo, non capita solo questo in quest'episodio e poi House è scritto come al solito, benissimo, riuscendo a inserire il personaggio in maniera dinamica e straniante in qualsiasi contesto.
Ma non ho potuto impedire che una voce parlasse, che mi chiedesse di scrivere. O trascrivere. Un elogio funebre per un padre.
Ho pensato a lungo se fosse giusto, evidentemente lo è. Ma scrivere anche questa cosa quando non l'ho vissuta mi ha fatto riflettere sulla potenza di questa trascrizione, continua, che porto avanti da sempre nella mia vita, con il dolore che mi annida.
Scrivo per questo, è chiaro. E forse non riesco a immaginare la scrittura come una realizzazione da perseguire per lo stesso motivo.
Per me è semplicemente la lotta, il percorso verso una trascrizione più fedele all'immagine che mi si impone dentro.
Più studio, più imparo, più vivo e sperimento, meglio posso trascrivere queste voci impetuose nella mia testa.
A.