Dopo aver visto l'eccellente film di Sofia Coppola, Il giardino delle vergini suicide, ho voluto leggere il libro da cui era tratto, di Jeffrey Eugenides.
Il narratore è una voce collettiva di coetanei delle cinque sorelle Lisbon, Cecilia, Bonnie, Lux, Mary e Therese, età a scalare dai 13 anni, tutti vagamente innamorate di questi oggetti misteriosi che poco a poco scoprono e vengono svelati, narrando la loro vita negli anni settanta, a partire dal tentato suicidio di Cecilia per terminare con quello riuscito di Mary, ultima nel libro a morire.
In realtà, sia nel libro che nel film non si arriverà mai a conoscere le cinque sorelle, avvolte nella trama della loro segregazione, che le rende mistiche, pittoresche, misteriore, un po' come dovevano essere state per quei ragazzi. In questo intento il film riesce meglio, grazie alla fotografia e alla sublime colonna sonora degli Air, nonché alle interpretazioni delle attrici (in particolare Kirsten Dunst
che interpreta la non esattamente vergine Lux e Hanna R. Hall, la cui parte di Cecilia è corta in quanto a tempo ma forse ha il ruolo più pesante fra le cinque sorelle).
Può sembrare Lux la vera protagonista: le storie coi ragazzi sono le sue, sue sono le marachelle, è lei che mette nei guai le sorelle, lei che vede bruciati i suoi dischi... la figura di Cecilia è fondamentale, ritorna sempre nei sogni dei ragazzi, pur essendo già morta quando la trama si svolge. Le altre tre sorelle sembrano all'apparenza un contorno, ma è bravo lo scrittore e più ancora la regista a trasmettere infine la sensazione che non sia la storia di Lux e le sue sorelle ma che esse siano un tutt'uno, una personalità unica e indivisibile che si dimostra nelle sue diverse sfaccettature attraverso la diversità delle sorelle.
Libro o film?
Io preferisco il film, per il motivo che ho detto prima. Nel libro la narrazione (pregio o difetto? Io l'ho visto più come un difetto, ma non escludo che sia il contrario, è una decisa scelta dell'autore) ha uno stile quasi giornalistico-documentario, con tanto di reperti numerati e testimonianze raccolte a mo' di saggio. Non che disturbi particolarmente, ma lascia intendere un distacco ormai necessario a causa del tempo e a causa della vita che per i ragazzi è ormai cambiata, come è giusto che sia. Nel film la visione dei ragazzi nei confronti delle sorelle è più "al presente", più vivida.
La trama del film a volte si discosta (non di molto) da quella del libro. Nulla di rilevante, comunque, a parte che nel film Mary muore insieme alle quattro sorelle nell'ultimo, grande, disperato suicidio, mentre nel libro lei sopravvive al tentativo e si impicca poche settimane dopo, periodo in cui si avverte che sia i genitori che la cittadinanza la vede e la vive come una morta che cammina, rassegnata ad un imminente suicidio. Particolare che ho molto apprezzato, nel libro, anche se il suicidio riuscito delle quattro nel film è più pittoresco.
Il libro riesce a penetrare di più nelle austere e bigotte abitudini familiari, particolari assolutamente rilevanti per cercare di capire il disagio che le porta (?) al suicidio finale. Contiene anche considerazioni che le quattro sorelle fanno su Cecilia, che finiscono per assumere un pensiero su di lei conforme a quello della gente, "Lei era una spostata, noi non siamo come lei" (e non si capisce se è solo per non farsi attorniare da disperate spiegazioni del perché vivere è bello o se lo pensano veramente (penso di più la prima)). Può sembrare una considerazione ovvia, il libro ha sempre quel "qualcosa in più", però a mio avviso il film tutto questo poteva contenero. Ce n'era il tempo, infatti il film così com'è dura solo 97 minuti, qualcuno in più a questi dettagli lo si poteva dedicare.
Sono questi alcuni dei dettagli che hanno impedito (almeno a mia modesta opinione) al capolavoro della Coppola di arrivare ad essere un'opera d'arte, piccoli dettagli che con un po' più di attenzione potevano essere curati.
In ogni caso, sia il libro che il film hanno degli altri piccoli dettagli che passano quasi inosservati ma che dandoci peso offrono molti spunti su cui riflettere. La frase con cui Cecilia risponde all'affermazione di un dottore subito dopo il suo tentato suicidio: "Non sei abbastanza grande per sapere quanto è dura la vita" "Evidentemente lei, dottore, non è mai stato una ragazzina di tredici anni". L'eliminazione della recinzione in cui Cecilia sì è infilzata ed è morta, come se con lei potesse essere disarcionata l'infelicità che regnava in quella casa. La necessità del prete di dichiarare "incidente" il suicidio della figlia di una fedelissima della chiesa. La superficialità e la banalità con cui genitori e insegnanti affrontano il problema suicidi. La festa infantile e patetica organizzata per dare una vita "sociale" alle cinque sorelle, che raggiunge il colmo quando il ragazzino down diventa protagonista della pseudo-festa. Trip Fontaine (spasimante di Lux) che per corteggiarla si suca un documentario sui predatori della savana (che momento spassoso). I consigli che il padre e lo zio di Trip gli avevano precedentemente dato. Il dialogo fatto da canzoni al telefono con cui alla fine i ragazzi riescono a comunicare con le sorelle Lisbon. Il fatto che la coreografia della festicciola di cui sopra (che aveva portato al suicidio di Cecilia) parecchi mesi dopo sia ancora allestita in quel seminterrato in cui i ragazzi trovano Bonnie appesa al soffitto, fra i palloncini e le stelle filanti.
Insomma, un buon libro e un film davvero eccellente, a cui putroppo manca quel qualcosa in più per portarlo oltre, nel mondo dell'arte (non me ne voglia Senza). Peccato, ma lo straconsiglio a tutti. E se avete voglia, anche il libro ne vale la pena.